Certificazione di genere: un’opportunità per le aziende

di Sandro Susini
Certificazione di genere

Non solo un segno di civiltà, ma anche un’opportunità economica per le aziende aderenti: è la Certificazione di genere. Ecco come ottenere l’esonero contributivo. Scarica la UNI/PdR 125:2022 in pdf.

La c.d. Certificazione di genere (più correttamente Sistema di certificazione della parità di genere) costituisce a pieno titolo uno degli interventi di maggior rilievo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

La titolarità di detto Sistema appartiene al Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con la finalità di supportare le imprese nella progressiva adozione di adeguate policy volte alla riduzione del divario di genere, nonché di migliorare la coesione sociale e territoriale promuovendo una maggiore inclusione della donna nel mercato del lavoro, il tutto in un’ottica di complessiva crescita economica del Sistema Paese.

Il “Sistema di certificazione della parità di genere”, introdotto dal PNRR, è disciplinato rispettivamente dalla Legge 162/2021 (Legge Gribaudo) e dalla Legge 234/2021 (Legge di Bilancio 2022), persegue l’obiettivo di un complessivo miglioramento della qualità del lavoro femminile, attraverso l’individuazione di processi lavorativi trasparenti e virtuosi in materia di parità di genere, riducendo il cd. gender pay gap (divario retributivo di genere, ovvero la differenza tra il salario annuale medio percepito dalle donne rispetto a quello percepito dagli uomini), nonché incentivando le opportunità di crescita professionale della donna e la tutela della maternità nel suo complesso.

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Certificazione di genere: esonero contributivo per le aziende

La sopracitata Legge Gribaudo ha stabilito un importante esonero contributivo, calcolato sulla contribuzione previdenziale complessivamente dovuta dal datore di lavoro. In particolare, la misura dell’esonero non è superiore all’1%, e nel limite massimo di 50.000 euro annui. 

Il beneficio, riparametrato su base mensile, è dunque fruito dai datori di lavoro in riduzione dei contributi previdenziali a loro carico e in relazione alle mensilità di validità della certificazione della parità di genere. Con riferimento all’annualità 2022, in particolare, per l’esonero contributivo sono stati stanziati 50 milioni di euro annui a favore delle aziende del settore privato che conseguano la predetta certificazione.

Oltre a questo, la certificazione della parità di genere consente l’ottenimento anche dei seguenti benefici:

  • punteggio premiale per la valutazione, da parte di autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti (art. 5, c. 3, L. 162/2021);
  • riduzione del 30% della garanzia fideiussoria per la partecipazione a gare pubbliche (art. 93, c. 7, D.Lgs. 50/2016, modificato dall’art. 34, c. 1, D.L. 36/2022);
  • acquisizione di un miglior posizionamento in graduatoria nei bandi di gara per l’acquisizione di servizi e forniture (art. 95, c. 13, D.Lgs. 50/2016, modificato dall’art. 34, c. 2, D.L. 36/2022).

Va da sé che, visto l’incentivo di cui sopra, l’interesse delle aziende per la certificazione della parità di genere, già di per sé importante come tema sociale, abbia recentemente finito per acquisire ulteriore popolarità.

Essa deve essere richiesta su base volontaria direttamente da parte dell’azienda interessata.

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Cosa prevede la UNI/PdR 125:2022

Al rilascio della certificazione provvedono gli organismi di certificazione accreditati presso Accredia, che operano sulla base della prassi UNI/PdR 125:2022, pubblicata in data 16/03/2022 e che delinea i requisiti per la certificazione della parità di genere richiamata dal PNRR.

La PdR prevede infatti la strutturazione e adozione di un insieme di indicatori prestazionali (KPI) inerenti alle politiche di parità di genere nelle organizzazioni, ed evidenzia altresì i requisiti del cd. Sistema di Gestione da implementare al fine di poterla realizzare.

Come indica la stessa PdR, nel percorso di definizione di quanto sopra indicato, in relazione alle proprie politiche e risorse, l’organizzazione deve pianificare, attuare e documentare un sistema di audit interni indirizzati alla verifica della reale ed efficace applicazione della politica e delle direttive aziendali sulla parità di genere, nonché del rispetto delle istruzioni e procedure definite a tal fine.

Il funzionamento del sistema di audit interno

Gli audit devono essere attuati secondo le modalità definite dalla UNI EN ISO 19011, con team indipendenti rispetto alle attività verificate, competenti sulla base di requisiti definiti dal sistema e bilanciati in termini di genere.

Nel gruppo di audit, inoltre, le competenze si ritengono soddisfatte quando, tenendo conto delle competenze complessive del gruppo (auditor ed eventuali esperti e tecnici) sia presente almeno un componente qualificato per le valutazioni di sistemi di gestione per la qualità ai sensi della norma UNI EN ISO 9001, un avvocato giuslavorista o un consulente del lavoro purché iscritti da almeno 5 anni al relativo albo professionale, oppure altro professionista che dimostri significativa e consolidata esperienza documentata nel settore specifico, oggetto della presente UNI/PdR.

Un altro aspetto molto interessante, da tenere in considerazione per le imprese, è che l’introduzione di questo nuovo Sistema di certificazione nel nostro Paese è agevolata con contributi a valere sui finanziamenti Next Generation EU del PNRR, previsti per le piccole e medie imprese e microimprese, e destinati sia ai servizi di assistenza tecnica e di accompagnamento alla certificazione, sia alla copertura dei costi della certificazione stessa.

Scarica il pdf della UNI/PdR 125:2022

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